Le divisioni tra i 27 leader europei che si sono incontrati il 6 ottobre a Granada sono ancora evidenti. Basta ascoltare le parole con cui Viktor Orbán parla dell’accordo raggiunto nei giorni scorsi sul Regolamento per la gestione delle crisi migratorie, sul quale sia Budapest che Varsavia hanno votato contro: “Ungheria e Polonia – dice il premier ungherese – sono state totalmente tagliate fuori, non c’è nessuna possibilità di compromesso perché giuridicamente siamo stati stuprati. Come si può avere un accordo su una cosa che non ti piace?”.
Ungheria e Polonia hanno messo il veto all’inserimento del capitolo sull’immigrazione nel documento finale del vertice spagnolo, confinandolo in una dichiarazione della presidenza del Consiglio. Quindi, nessun voto all’unanimità sulle questioni che riguardano i migranti.
Ma a Granada si sono visti anche alcuni nuovi segnali di possibili riposizionamenti (con le elezioni europee che si avvicinano). Così Josep Borrell, ministro degli Esteri della Ue, ha aperto alla possibilità di una missione navale europea “contro i trafficanti. Dobbiamo pensare a un controllo delle frontiere esterne non solo nel Mediterraneo ma anche nel Sahel. Da parte sua Scholz ha invece fatto sapere che è stato il parlamento tedesco e non lui a volere il finanziamento pubblico delle Ong.