Una migrazione biblica, seppur virtuale, sta avvenendo sul web: Facebook sposta un miliardo e mezzo di utenti dalla legislazione Ue a quella statunitense. Perché la prima è diventata più rigorosa e restrittiva.
Tutti gli utenti del network non residenti nell’Ue non saranno più sottoposti alla legislazione irlandese ma a quella statunitense, che precedentemente valeva soltanto per gli utenti residenti negli Usa e in Canada. Ciò significa che gli utenti non europei non saranno sottoposti al nuovo regolamento più restrittivo che verrà introdotto il prossimo 25 maggio da Bruxelles: è il Gdpr (General Data Protection Regulation).
La Gdpr estende l’ampiezza dei “dati identificabili con la persona” fino a includere informazioni sulla geolocalizzazione e sulla storia della navigazione su internet. Non solo: gli utenti devono dare il loro consenso esplicito all’utilizzo dei propri dati da parte dei soggetti che li utilizzino, ad esempio, a scopi pubblicitari.
Zuckerberg teme le sanzioni previste dalla Gdpr, che sono potenzialmente molto pesanti: nel caso di utilizzo senza autorizzazione dei dati personali si arriva a dover pagare una penale fino al 4% del fatturato totale.
L’Irlanda era stata scelta come sede internazionale da Facebook per i vantaggi fiscali concessi dal governo di Dublino, ma ora è l’Ue nel suo complesso- e quindi Irlanda compresa - che risulta meno vantaggiosa per le nuove norme sulla privacy.
Tanta attenzione è stata dedicata dai media allo scandalo di Cambridge analytica, molta meno all’emigrazione forzosa di massa: siamo così sicuri che la prima sia più rilevante della seconda?