Alla fine è stato messo nella scacchiera il tassello mancante, ovvero una soluzione (parziale) sulla questione irlandese. Dopo mesi di estenuanti trattative, c’è una bozza di accordo di 500 pagine tra Regno Unito e Ue sulla Brexit, il travagliato processo di uscita della Gran Bretagna dall'Unione. Dovrà oggi superare l’esame più complicato: il Consiglio dei ministri.
Nell’intesa raggiunta si prevede la permanenza temporanea del Regno Unito nell'Unione doganale Ue e, almeno parzialmente, nel mercato comune in attesa di trovare una soluzione definitiva dopo il periodo di transizione (marzo 2019-dicembre 2020).
I media britannici parlano di un regime per l'Irlanda del Nord simile all'Ue, anche questo per un periodo limitato di tempo. Tutto questo per evitare un confine "duro" tra Irlanda del Nord e Repubblica d'Irlanda e il possibile riacutizzarsi delle tensioni nell'area.
Si tratterebbe di un passo importante per giungere a una Brexit controllata prima del 29 marzo 2019 ed evitare un "no deal", cioè nessun accordo, che potrebbe provocare gravi conseguenze economiche sia a Londra sia all'Europa, oltre che sociali. E il pensiero torna all’Irlanda.
Quindi tutto farebbe pensare a un ok da Cdm e Parlamento. Si tratta, invece, di due passaggi non scontati.
Negli ultimi giorni, all'interno del partito conservatore hanno espresso forte contrarietà verso il possibile “accordo May”. La situazione è talmente critica che la premier al momento non ha una maggioranza in Parlamento che possa approvare la bozza. Boris Johnson e Jacob Rees-Moog, i suoi principali nemici all’interno del partito conservatore, hanno già esortato il Consiglio dei ministri a respingere al mittente l’intesa: "Non diventeremo mai vassalli dell'Ue".
Anche il partito laburista ha subito fatto intendere che non sarà la stampella della premier. "Non ci pare un accordo positivo per il Regno Unito", ha detto Jeremy Corbyn.
E anche Dup, il piccolo partito unionista dell'Irlanda del Nord Dup ma strategico per il governo di minoranza May, ha espresso scetticismo. Per ora non voterà un accordo che rischia, secondo loro, di "spaccare il Regno Unito e isolare l'Irlanda del Nord". E si ritorna al punto di partenza: il confine tra Dublino e Belfast.