Il Governo britannico ha adottato la bozza d'accordo sulla Brexit definita a Bruxelles. Lo ha annunciato Theresa May dopo 5 ore di riunione con i suoi ministri, precisando che non è stata una decisione "leggera", ma difendendo il testo come il migliore possibile "nell'interesse nazionale". Che il Consiglio dei ministri del 14 novembre non sia stato facile per la Premier britannica lo dimostra una parola: intesa approvata “collettivamente”, il che significa che alcuni ministri – Bbc riferisce circa 1/3 - hanno votato contro.
Nell’intesa raggiunta si prevede la permanenza temporanea del Regno Unito nell'Unione doganale e, almeno parzialmente, nel mercato comune in attesa di trovare una soluzione definitiva dopo il periodo di transizione (marzo 2019-dicembre 2020). Tradotto, Londra resterà per ora nell'Ue.
Il nodo più spinoso, tuttavia, è stato un altro: l'intricata questione irlandese. Secondo l'accordo Belfast resta nell'Unione doganale europea fino a quando non sarà trovata una soluzione a lungo termine, e cioè che fare del confine e della libera circolazione di persone e merci. Obiettivo principale, che ha rallentato finora tutte le negoziazioni: evitare che torni una frontiera dura tra i due Paesi, in un'area che mantiene oggi una fragile pace dopo gli Accordi del Venerdì Santo del 1998.
Si tratterebbe di un passo importante per giungere a una Brexit controllata prima del 29 marzo 2019 ed evitare un "no deal", cioè nessun accordo, che potrebbe provocare gravi conseguenze economiche sia a Londra sia all'Europa, oltre che sociali.
Ma c'è ancora un duro ostacolo da superare: l'ok del Parlamento. Cresce, infatti, la tensione tra i falchi brexiteers contro Theresa May. Negli ultimi giorni, alcuni deputati conservatori hanno espresso forte contrarietà verso l'intesa. La situazione è talmente critica che al momento non ci sarebbe una maggioranza parlamentare per approvare la bozza. Boris Johnson e Jacob Rees-Moog, i suoi principali nemici all’interno del partito, hanno spiegato che non diventeranno "mai vassalli dell'Ue". E, intanto, l'esecutivo comincia a sgretolarsi: due ministri, per l'Irlanda del Nord e per la Brexit, si sono dimessi.
I laburisti, forti di stare all'opposizione, hanno subito fatto intendere che non saranno la stampella della Premier. "Non ci pare un accordo positivo per il Regno Unito", ha detto Jeremy Corbyn.
E anche il Dup, piccolo partito unionista dell'Irlanda del Nord ma strategico per il Governo May, ha espresso scetticismo. Per ora non voterà un accordo che rischia, secondo loro, di "spaccare il Regno Unito e isolare l'Irlanda del Nord". E si ritorna al punto di partenza: il confine tra Dublino e Belfast.