Allo fine lo scontro è arrivato. La ministra degli Esteri britannica Liz Truss ha annunciato in Parlamento l’intenzione di introdurre norme che permettano al governo di Londra di superare alcune parti del Protocollo sull’Irlanda del Nord contenuto nell’intesa con l’Unione Europea sulla Brexit. Una scelta che rischia di causare una nuova crisi nei rapporti fra il Regno Unito e l’Ue. Da mesi a Bruxelles avvisano che ciò equivale a infrangere un accordo internazionale. Perché allora i britannici hanno scelto una via così pericolosa?
Per capirlo occorre andare indietro di un paio di settimane, quando per la prima volta un partito che invoca l’unificazione dell’Irlanda, lo Sinn Fein, ha vinto le elezioni locali. Un terremoto per i gruppi politici protestanti che interpretano le istituzioni politiche dell’Ulster come la garanzia della permanenza nel Regno Unito. Una permanenza già messa in discussione dal referendum sul Brexit e dall’accordo di uscita dall’Ue, con cui Londra ha dovuto accettare lo spostamento del confine doganale britannico nel Mar d’Irlanda.
Da parte di Dowing Street, contravvenire ai patti non serve a negoziare con l’Ue non serve a migliorare i termini economici bensì a calmare i protestanti. Una mossa dunque per provare a scongiurare un ritorno della violenza nell’Ulster, che rischierebbe di imporre al Regno Unito di cedere ulteriore sovranità sulla provincia, come accaduto nel 1998 con l’accordo del Venerdì Santo. L’appoggio degli Stati Uniti e di membri chiave dell’Ue alla causa dell’unificazione irlandese complica il quadro per i britannici. A questo punto, l’unico obiettivo realistico per il governo britannico potrebbe rivelarsi quello di puntare a mantenere l’Ulster nel Regno Unito ma senza rimuovere il confine con l’Irlanda. Non il migliore dei mondi per Londra, ma forse l’unico possibile.