In una Romania ancora sotto shock per il clamoroso annullamento a due giorni dal voto del primo turno delle elezioni presidenziali, con i sospetti di ingerenza russa a sostegno del candidato vincitore di estrema destra Calin Georgescu, arriva il momento dell’inchiesta giudiziaria.
Gli inquirenti hanno avviato una serie di perquisizioni dirette a verificare eventuali reati di corruzione elettorale, riciclaggio di denaro, falsificazioni di natura informatica, ma anche possibili violazioni della legge che proibisce l’attività di formazioni neofasciste, razziste e xenofobe.
I controlli si sono concentrati in particolare su alcune abitazioni di Brasov, città della Romania centrale, e nel mirino vi sarebbe tra l’altro una persona coinvolta nel finanziamento illegale della campagna elettorale di Georgescu, condotta pressocché interamente su TikTok.
All’annullamento del voto presidenziale da parte della Corte costituzionale si è giunti dopo la desecretazione di documenti riservati dei servizi di intelligence, che mettono sotto accusa proprio il ruolo di TikTok e le presunte manovre destabilizzanti della Russia.
La vicenda romena, che coinvolge un Paese membro della Ue e con posizione strategica nel fronte sudorientale della Nato, al confine con l’Ucraina, apre in ogni caso scenari inquietanti, visto che annullare le elezioni presidenziali sulla base di sospetti non è esattamente ciò che ci si aspetta da una democrazia (matura).