Fra “mobilitazione parziale”, annessione di quattro regioni ucraine, e velate minacce nucleari, il timore della Nato è che Mosca possa intensificare gli attacchi missilistici contro l’Ucraina, facendo così crescere la necessità di sistemi di difesa aerea che, però, nell’arsenale occidentale cominciano a scarseggiare. Allo stesso tempo, di fronte all’ormai scontata recessione, si riduce lo spazio di budget a disposizione dei paesi Nato da destinare agli aiuti militari.
Lunedì scorso, non per caso, Ursula von der Leyen ha ammesso che Bruxelles è a corto di liquidità. Il bilancio pluriennale (2021-2027) dell’Ue, già affiancato da 750 miliardi di euro di prestito comune per affrontare l’era post pandemica, non era stato concepito per rispondere alla guerra in Ucraina, né tantomeno alle crisi successive (energia e rifugiati).
A questo punto, le opzioni in mano alla Commissione sono tre: 1. lasciare il bilancio invariato, ridimensionando però la capacità europea di rispondere alle crisi di oggi. 2. Rivedere l’intero budget pluriennale, avviando un negoziato complesso che richiederebbe l’approvazione unanime. 3. Richiedere un’integrazione una tantum, limitando i finanziamenti a obiettivi specifici. Un iter forse più breve, ma comunque irto di ostacoli e che sprigionerebbe meno risorse. Un sentiero, dunque, stretto per l’Ue.