Israele intravede la fine della crisi politica che da oltre due anni blocca il paese. Yair Lapid ha annunciato al presidente Reuven Rivlin di essere riuscito a mettere insieme una coalizione di governo. Se l’esecutivo del ‘cambiamento’ (così è stato ribattezzato) riuscirà a ottenere la maggioranza necessaria di 61 voti alla Knesset come previsto, segnerà la fine dell’era di Benjamin Netanyahu dopo quasi 13 anni ininterrotti al potere.
Secondo l’intesa a rotazione raggiunta, Naftali Bennett, leader del partito nazionalista Yamina, servirà come premier per primo, per poi passare tra due anni il testimone a Lapid, che fino a quel momento avrà l’incarico di ministro degli Esteri.
L’accordo pone le basi per un governo che punta a tenere insieme otto partiti: dai centristi di Yesh Atid e Blu e Bianco, ai laburisti e la sinistra radicale di Meretz, fino ai partiti nazionalisti di destra Yisrael Beiteinu, New Hope e Yamina. Per la prima volta, un partito arabo-israeliano (i conservatori islamisti di Ra’am) partecipa ufficialmente alla formazione di un esecutivo dello Stato ebraico.