Iran e Arabia Saudita sono i principali rivali in quell’area del mondo, il Medio oriente. Entrambi i paesi sono impegnati in una serie di conflitti, anche se in realtà è tutta l’area ad essere calda: negli ultimi cinque anni la maggior parte dei paesi mediorientali è stata coinvolta in scontri armati. Non per caso, il 32% delle importazioni di armi documentate in tutto il mondo si trovano lì.
L'Arabia Saudita ha un budget significativo per le spese militari pari a 56 miliardi di dollari. La maggioranza dell’import di armi saudite proviene dagli Usa, che restano il principale fornitore della regione, e dai paesi europei. Quasi il 50% dell’export di armi del Regno Unito va in Arabia.
L’Iran si difende con i suoi 7 mld.
Nel 2017 il paese saudita ha registrato una crescita negativa, nonostante gli sforzi per ridurre la dipendenza dal petrolio. Il paese, che possiede il 22% delle riserve globali di greggio, ha spinto altri membri Opec a tagliare la produzione per aumentare i prezzi globali. Ma i settori non petroliferi sauditi mostrano una misera crescita dello 0,6%. La svolta potrebbe venire dalla vendita del 5% dell’azienda petrolifera statale Aramco, che potrebbe portare nelle casse pubbliche più di 100 mld di dollari.
L'economia iraniana è cresciuta del 7,4% annuo dal 2016. Secondo l’Fmi il Pil ha ricevuto una spinta dall'espansione della produzione di petrolio. In effetti, escludendo il greggio, la crescita avrebbe raggiunto appena l’1%.
Il paese saudita è il più grande esportatore mondiale di petrolio: produce più di 10 mln di barili al giorno e ne destina tre al consumo interno. Il problema è sorto con il crollo dei prezzi causato dall’eccedenza della produzione Usa, che attualmente si attesta a circa nove mln di barili al giorno.
Anche per l’Iran il petrolio resta il volano dell’economia, rappresentando l'80% dell’export iraniano. Il paese, che estrae più di quattro mln di barili al giorno dei quali 1,8 mln destinati all’uso domestico, ha cambiato passo nel 2015, quando le sanzioni sono state revocate in cambio della frenata sul programma nucleare. Ma che ora potrebbe essere di nuovo in discussione.