Nel 2017 la Grecia si è rimessa in moto. La crescita si è rivelata più favorevole di quanto previsto nell'estate 2015, quando fu concordato il terzo programma di assistenza finanziaria. Il paese sembra ora aver imboccato la transizione verso un modello più efficiente, ma la strada da percorrere è ancora lunga.
Un particolare punto debole dell’economia greca restano gli investimenti: quelli lordi, in percentuale del Pil, si sono ridotti del 50% rispetto al valore pre-crisi. Gli investimenti netti (cioè quelli lordi meno il deprezzamento) erano circa il 10% del Pil nel 2007, salvo poi scendere pericolosamente dopo il 2010. In queste condizioni la crescita non può essere sostenuta a lungo.
Ecco allora che diviene necessaria una spinta agli investimenti. Quelli provenienti dal settore pubblico sarebbero auspicabili, ma il governo si trova di fronte a importanti vincoli fiscali. Il settore privato è limitato dai bassi profitti societari e dalla debolezza del sistema bancario – circa il 40% dei prestiti sono Npl, ovvero crediti deteriorati. Farsi finanziare dall’estero non sarebbe un’idea geniale per un paese che ha già un enorme debito estero. Torniamo, così, al dato iniziale: occorre puntare sugli investimenti esteri diretti. Tuttavia, nella classifica della capacità di attrarre flussi finanziari dal resto del mondo la Grecia occupa la penultima posizione.
Considerando il quadro complessivo la soluzione potrebbe essere, seppur impopolare, un quarto programma di assistenza finanziaria che consenta alla Grecia di migliorare la fiducia dei mercati e continuare la risalita, ma in modo graduale e sostenibile. Se, invece, il paese mediterraneo uscirà dal programma di aiuti, visti i miglioramenti, e inizierà a prendere prestiti dal mercato, in alcuni anni probabilmente affronterà tensioni finanziarie che potrebbero rendere necessario un quarto programma, a quel punto inevitabilmente doloroso.