La devastante esplosione che ha sconvolto Beirut il 4 agosto del 2020 è stata una delle più potenti della storia: in pochi millisecondi ha rilasciato una quantità di energia sufficiente ad alimentare cento case per un anno. Lo sostiene un’analisi della University of Sheffield, che ha studiato la dinamica della deflagrazione.
La sua potenza è risultata equivalente a quella di 500 tonnellate di TNT (una ton di TNT è un’unità di misura dell’energia pari a 4,184 gigajoule, che è all’incirca la quantità di energia liberata nella detonazione di una ton di tritolo) come stima più attendibile, con un limite di 1.100 tonnellate nell’ipotesi massima: ossia circa un ventesimo della bomba atomica sganciata su Hiroshima nel 1945, che aveva una potenza di 13/15 mila tonnellate (13/15 chilotoni) di TNT, oppure l’equivalente di una settantina di Moab, l’ordigno convenzionale più potente in dotazione all’esercito americano. L’energia rilasciata nel giro di una frazione di secondo ammonta a 1GWh, quanto quella prodotta da tre milioni di pannelli solari in un’ora.
I ricercatori della University of Sheffield hanno poi mappato il modo in cui l’onda d’urto si è propagata attraverso la città. Per avere un’idea della potenza distruttiva, a Beirut sono stati segnalati danni ai vetri fino a 10 km dal centro dell’esplosione. In base a questi calcoli, l’esplosione del porto di Beirut è la più grande – ad eccezione di quelle nucleari e dei fenomeni naturali come i vulcani o gli impatti dei meteoriti - dal secondo dopoguerra ad oggi.
L’esplosione è stata il risultato della detonazione accidentale di circa 2.750 tonnellate di nitrato di ammonio immagazzinato in modo improprio, che ha provocato 207 morti e circa 7 mila feriti. Un dramma per un paese che stava (già all’epoca) attraversando una profonda crisi economica aggravata dai fatti del 4 agosto. Una crisi che continua oggi ad attanaglianare il paese mediorientale.