Quindici anni dopo l’esplosione dell’autobomba che uccise Rafiq Hariri (tragico evento che mise fine all’occupazione siriana del Libano e cambiò la storia del Paese), una fortissima deflagrazione ha sconvolto la capitale del Libano, già piegato da una grave crisi economica e dal Covid19.
Secondo la versione ufficiale riferita dal presidente Michel Aoun, a provocarla sarebbe stato un incendio in un deposito nel porto dove erano immagazzinate da ben 6 anni e senza alcuna misura di sicurezza 2.750 tonnellate di nitrato di ammonio, un composto chimico che viene utilizzato come fertilizzante.
Stando a un bilancio provvisorio, si contano 137 morti e 5 mila feriti. Tra questi ultimi anche un militare italiano.
La capitale (che conta 2,4 milioni di abitanti) è sovrastata da una nube tossica con interi quartieri dilaniati e facciate di palazzi polverizzate. Le Autorità hanno invitato la popolazione a lasciare la città. “Beirut è una città distrutta. Sembra Hiroshima”, ha detto il governatore Marwan Aboud.
La situazione è così grave da aver spinto il nemico storico, Israele, a offrire il suo aiuto.