Anche l’Italia è finita sotto la tagliola delle nazionalizzazioni russe. Il presidente russo Vladimir Putin ha firmato un decreto per il trasferimento temporaneo della sussidiaria russa (che produce scaldabagni, caldaie e pompe di calore e fa capo alla famiglia Merloni, in particolare al ramo di Paolo Merloni, figlio di Francesco Merloni, ex ministro dei Lavori Pubblici) dell’azienda italiana Ariston, insieme a quella della tedesca Bosch, alla russa Gazprom Household Systems Jsc, società produttrice di elettrodomestici che fa capo al colosso statale Gazprom.
“Dopo l’inattesa decisione del governo russo sulla gestione di Ariston Thermo Group ho subito attivato la nostra ambasciata in Russia e parlato con i vertici dell’azienda italiana. Il governo italiano è al fianco delle imprese, pronto a tutelarle in tutti i mercati internazionali”. Lo scrive su X il vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani.
Nel caso del nostro paese, si teme una ritorsione per il ruolo dell’Italia (che ha la presidenza di turno del G7) nel sequestro degli asset russi. Nel frattempo, nel 2024, è stato registrato il record di nazionalizzazioni di aziende di Paesi ostili o di imprenditori russi fuggiti all’estero.
Nonostante ciò, molte aziende estere da Benetton a Metro e Total continuano a fare affari nella Federazione. Sono 110 le aziende straniere che hanno lavorato in Russia nel 2023. Tra le altre italiane ci sono anche Calzedonia e Unicredit.