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Per risollevare l’economia russa un metodo seduttivo sarebbe quello di una politica espansiva. E sarebbe un gioco facile, perché tra i conti pubblici del paese guidato da Vladimir Putin spicca una perla lucente che fa invidia al mondo intero: un debito pubblico ultra-light, solo il 14% del Pil. Ci sarebbero enormi margini, quindi, per un allentamento dei cordoni dopo quattro anni di estremo rigore. Ma sarebbe un errore perché in Russia non troverebbe terreno recettivo.
All'opposto: trovandosi di fronte il muro della quasi piena occupazione si scaricherebbe solo sui prezzi, aggiungendo inflazione. In più andrebbe a intaccare quel patrimonio di solidità dei conti pubblici che può essere davvero una base eccezionale per il futuro. Una base creata, e in questi ultimi anni così difficili, con maestria dalla Banca centrale russa che è riuscita a sganciare il rublo dalle fluttuazioni del prezzo di petrolio e gas.
L'unica strada percorribile è quella di una politica di sostegno alle imprese e di creazione di un clima favorevole agli investimenti diretti esteri (Ide). E le restrizioni occidentali hanno paradossalmente accelerato questa direzione: il limitato accesso a beni e servizi dall'estero ha obbligato a una politica di sostituzione domestica nell'industria e nell'agricoltura, che era proprio ciò che ci voleva.
E Putin può sorridere quindi e, dopo due anni di difficoltà per il suo popolo, può anche irridere gli Usa e gli alleati. Anche se il suo sogno sarebbe quello di agganciare la ripresa globale, al 3% e oltre, e non quel 2% atteso per il 2018.