I 21 paesi che si affacciano sul Mediterraneo hanno fallito sinora nell’impegno globale stabilito 10 anni fa (nell’ambito della convenzione internazionale sulla diversità biologica) di proteggere entro il 2020 il 10% del loro mare e di fermare la continua perdita di biodiversità nella regione: lo dimostra il report del Wwf “Verso il 2020: Fact check sulla tutela del Mediterraneo”.
Nonostante risulti, solo sulla carta, tutelato il 9,68% del Mare Mediterraneo, le aree marine a vario titolo protette che hanno propri piani di gestione sono solo il 2,48%.
L’Italia, che è apparentemente in una buona situazione tutelando a vario titolo il 19,12% delle proprie acque territoriali (0-12 miglia marine), in realtà non si discosta dallo sconfortante quadro generale descritto dal Wwf, considerato che la gestione viene effettivamente implementata solo nell’1,67% delle nostre acque marine.
L’analisi Wwf dimostra che nell'ultimo decennio quasi tutti i paesi del Mediterraneo hanno disatteso l’obbligo di creare entro il 2020 una rete adeguata di aree marine a vario titolo protette: l’analisi fatta area per area dimostra che questa rete contribuirebbe fortemente al ripristino del capitale naturale marino che si stima possa generare 5.600 miliardi di dollari l’anno, principalmente nei settori della pesca, acquacoltura e turismo.
Invece, a distanza di quattro decenni dal lancio della convenzione, le parti contraenti stanno venendo meno al loro mandato e stanno lasciando il Mediterraneo in gran parte non protetto e sfruttato eccessivamente da industrie come petrolio e gas, attività in continua crescita.
La convenzione di Barcellona per la protezione dell’ambiente marino delle regioni costiere del Mediterraneo fu lanciata nel 1976 per tutelare la grande ricchezza della biodiversità marina. Questo bacino, pur costituendo lo 0,82% della superficie degli oceani globali, ospita circa il 7,5% delle specie marine globali, con una presenza stimata recentemente di circa 17 mila diverse specie.