Il summit virtuale sul clima organizzato dagli Stati Uniti, iniziato in occasione della Giornata della Terra, con la partecipazione di 40 leader mondiali, tra cui quelli dei 17 Paesi responsabili dell’80% delle emissioni, prova a riprendere un discorso lasciato a metà.
“Dobbiamo agire adesso, è un imperativo morale ed economico e sono sicuro che possiamo farlo e che lo faremo” ha detto Biden che si è impegnato a ridurre le emissioni di gas serra degli Stati Uniti “della metà” entro il 2030, con l’obiettivo di raggiungere la neutralità carbonica entro il 2050.
Lo ha fatto sottolineando le “straordinarie opportunità economiche” che comportano le misure per la lotta al cambiamento climatico nel mondo. “Gli Usa – ha detto Biden – sono decisi ad agire: non solo il governo federale, ma anche gli Stati, le imprese, i lavoratori. Vedo l’opportunità di creare milioni di posti di lavoro e ben pagati.”
Porre l’accento sugli effetti dei cambiamenti climatici sull’economia è inevitabile: Swiss Re, uno dei maggiori fornitori mondiali di assicurazioni, ha stimato che il riscaldamento globale potrebbe ridurre dall’11% al 14% il Pil mondiale entro il 2050, con un costo totale di 23 mila miliardi.
Secondo la previsione, se il mondo riuscirà a mantenere l’aumento medio della temperatura a meno di due gradi Celsius sopra i livelli pre industriali le perdite economiche saranno marginali e la riduzione del Pil non supererà il 5%, ma gli attuali livelli di emissioni sarebbero ben lontani da questo target. La temperatura globale aumenterà probabilmente di 2,6 gradi entro il 2050 e in questo caso l’economia degli Stati Uniti sarà più piccola del 7%, mentre altri ricchi Paesi occidentali, come Canada, Regno Unito e Francia, potrebbero perdere tra il 6% e il 10% della loro potenziale produzione economica.
Per gli Stati più poveri, che tendono a essere maggiormente esposti all’incremento della temperatura e hanno minori capacità di adattare le loro infrastrutture ed economie, le conseguenze sarebbero peggiori. Anche se l’incremento della temperatura globale fosse mantenuta a 2 gradi Celsius, Malesia, Filippine e Tailandia avrebbero una crescita economica del 20% inferiore.
È di fronte a questi tetri scenari che le promesse dei capi di Stato e di governo suonano stonate, anche perché si procede in ordine sparso: Xi Jinping, Jair Bolsonaro, e Vladimir Putin, tra gli altri, indicano obiettivi disallineati.
Eppure le parole del segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, sono senza appello: “Siamo sull’orlo dell’abisso. Ma solo il 18-24% della spesa per la ripresa della pandemia dovrebbe contribuire a ridurre le emissioni e l’inquinamento atmosferico. Occorre porre fine ai sussidi per i combustibili fossili ed eliminare gradualmente il carbone entro il 2030 nei Paesi più ricchi e entro il 2040 ovunque”.
Ma tutto questo basterà per salvare la Terra?