“Approvato il comunicato su clima ed energia”. Lo ha annunciato il ministro per la Transizione ecologica, Roberto Cingolani, al termine di un difficile negoziato al G20 tematico di Napoli. All’intesa si è arrivati dopo il via libera della Cina, collegata da remoto. L’opposizione più dura a una posizione condivisa su energia e clima è venuta dall’India, ma l’ok finale della Cina al documento ha permesso di superare la resistenza del Subcontinente che basa la sua crescita economica sugli idrocarburi.
C’è un ma. “Su 60 articoli due sono stati estratti perché non è stato possibile trovare l’accordo – spiega Cingolani - quindi alcuni punti sono stati rinviati ai livelli di decisione politica più alta del G20 dei capi di Stato: oggettivamente è stato un ottimo risultato”. In realtà lo è soggettivamente. I due punti su cui non si è raggiunto l’accordo sono a dir poco dirimenti: la decisione di restare sotto 1,5 gradi di riscaldamento globale al 2030 e l’eliminazione del carbone dalla produzione energetica al 2025. “Usa, Europa, Giappone e Canada sono favorevoli, ma quattro o cinque paesi, fra i quali Cina, India e Russia, hanno detto che non se la sentono di dare questa accelerazione, anche se vogliono rimanere nei limiti dell’Accordo di Parigi” ha aggiunto il ministro.
Che la giornata di oggi (venerdì) sarebbe stata la più complicata visti i temi (più divisivi) in agenda era stato messo in conto dallo stesso Cingolani quando giovedì aveva detto che “la transizione energetica non è un pranzo di gala”. Da un lato ci sono Usa ed Europa, dall’altro Cina, Russia, India e Arabia Saudita. Ieri il ministro Cingolani ha incassato il via libera a un documento comune per la protezione degli ecosistemi, le biodiversità, con riferimenti alla tutela dei mari e all’incentivo del riciclo per diminuire l’uso della plastica. Per carità, tutte cose importanti. Ma, forse, non abbastanza per provare a salvare la Terra.