“Garantire una rapida transizione all’economia verde è un dovere, e il mondo finalmente l’ha capito. La finanza avrà un ruolo essenziale in questo processo”. Ma – sottolinea l’economista Joseph Stiglitz – sono ancora troppe le istituzioni creditizie che “continuano a finanziare il settore dei combustibili fossili e a sostenere altri campi dell’economia incompatibili con la transizione ecologica. Questi finanziamenti, molti dei quali sono di lunga durata, peggiorano la crisi climatica. Per scoprire, sviluppare e sfruttare un nuovo giacimento petrolifero servono decenni, ben oltre l’orizzonte temporale in cui il mondo dovrà azzerare le emissioni”.
Il problema, secondo il Premio Nobel, non è soltanto di natura ambientale. Gli investimenti – spiega - “legati a combustibili tradizionali s0no destinati a perdere valore nei prossimi anni. Le possibili perdite sono un rischio per gli investitori, per il sistema economico e per il pianeta”.
Ma non finisce qui. Stiglitz scorge all’orizzonte anche un altro effetto, paradossale. Le istituzioni finanziarie, laddove dovessero accumulare perdite ingenti a causa di investimenti “sbagliati” in particolare nell’energia fossile, cercheranno di socializzare le perdite. La soluzione? “In teoria dovremmo vietare questi investimenti. Ma per il momento negli Stati Uniti e in altri paesi questa idea è politicamente improponibile. Un’altra possibilità è approvare nuove leggi. Visto che i mercati sono miopi, devono intervenire i supervisori, per esempio le banche centrali.” Anche perché “i combustibili fossili sono solo la punta dell’iceberg. Per esempio, l’innalzamento del livello dei mari ed eventi climatici estremi sempre più frequenti come incendi e uragani potrebbero indurre a un’improvvisa revisione dei prezzi di terreni e immobili”.
Quindi, “le autorità di controllo devono pretendere piena trasparenza sui rischi legati al clima, non solo sui pericoli fisici ma anche sui rischi finanziari”. In concreto – aggiunge Stiglitz - “la finanza non deve solo smettere di erogare fondi a investimenti nocivi per l’ambiente, ma deve anche finanziare quelli che vanno nella direzione giusta. Per esempio le banche che fanno investimenti rischiosi per il clima dovrebbero essere obbligate a disporre di una quantità maggiore di riserve per riflettere questo rischio.”
Questo è solo uno degli esempi pratici indicati dall’economista. Il punto – argomenta il Nobel - è che “difficilmente il settore finanziario privato farà abbastanza se lasciato da solo”, considerando che “molti degli investimenti cruciali di cui abbiamo bisogno sono di lungo periodo e i mercati finanziari spesso si concentrano sul breve termine” e, allo stesso tempo, “non abbiamo scelta, dobbiamo per forza cambiare il modo in cui consumiamo, produciamo e investiamo. La sfida è alla nostra portata. Ma la finanza deve fare la sua parte. E questo richiederà qualcosa di più che una spintarella, non importa se proveniente dalla società civile o dai governi.”