4.600 miliardi di dollari in soli sei anni. È la cifra abnorme che le 60 più grandi banche del mondo hanno concesso al settore delle fonti fossili. A rivelarlo è il rapporto ‘Banking on Climate Chaos’, realizzato da sei organizzazioni non governative: Rainforest Action Network, BankTrack, Sierra Club, Indigenous Environmental Network, Oil Change International e Reclaim Finance.
Il report conferma come il mondo della finanza continui a sostenere carbone, petrolio e gas, anche dopo il raggiungimento dell’Accordo di Parigi del 2015, con il quale il mondo si è impegnato a mantenere la crescita della temperatura media globale ad un massimo di 2 gradi centigradi, entro la fine del secolo, e rimanendo il più possibile vicini agli 1,5 gradi.
Secondo il rapporto, soltanto nel 2021 nelle casse delle aziende legate al settore delle fossili sono finiti 750 miliardi. La finanza dunque continua con un business as usual che ci sta portando alla catastrofe climatica. E se i finanziamenti nel 2021 sembrano essersi stabilizzati, restano ad oggi a livelli superiori rispetto al 2016, primo anno successivo all’adozione dell’Accordo di Parigi.
Il flusso di finanziamenti continua ad arrivare principalmente dalle banche americane. In particolare JPMorgan Chase, Citigroup, Wells Fargo e Bank of America. Quattro istituti di credito che da soli coprono un quarto dei capitali in questione, nell’arco dei sei anni (dal 2016 al 2021) presi in considerazione. Al quinto posto figura la canadese Royal Bank of Canada. Mentre gli istituti peggiori in Europa e in Giappone sono, rispettivamente, Barclays e MUFG. E non mancano le banche italiane: Unicredit e Intesa Sanpaolo.
