Ci sono 52 gradi a Coober Pedy, ma non è un problema. Quando si raggiunge la cittadina australiana, distante 850 chilometri da Adelaide, si ha l’impressione di essere arrivati in una città fantasma. Situata in una zona desertica, non c’è traccia dei suoi 2.500 abitanti.
Solo inoltrandosi nel paese, tipicamente impolverato di sabbia rosa, si notano enigmatici cumuli di sabbia e qualche tubo bianco che spunta dal terreno. Questi sono i primi segni di Coober Pedy, una città mineraria di opale. Molte delle sue piccole cime sono il suolo desolato di decenni di scavi, ma sono anche la prova di un’altra specialità locale: la vita sotterranea.
In questo angolo del mondo, il 60 per cento della popolazione abita in case costruite (al di sotto del livello del terreno) nella roccia ricca di ferro di arenaria e siltite. In alcuni quartieri, gli unici segni di abitazioni sono i pozzi di ventilazione che sporgono e il terreno in eccesso scaricato vicino agli ingressi.
D’altronde, in estate la temperatura raggiunge (come detto) regolarmente i 52°C; fa così caldo che gli uccelli cadono dal cielo stremati e i componenti elettronici devono essere conservati nei frigoriferi. Durante l’inverno fa invece troppo freddo (2-3°C). Ma ad almeno quattro metri di profondità la temperatura resta stabile a 13°C, tutto l’anno.
La vita sotterranea consente di utilizzare meno energia, i climatizzatori non servono. E i prezzi sono convenienti. Una casa di livello medio con tre camere da letto può valere intorno ai 26.000 dollari statunitensi. Ad Adelaide, per esempio, il prezzo medio delle case sale a 457.000 dollari. Non ci sono insetti, e non c’è inquinamento acustico. Resta il fatto che quello registrato a Coober Pedy non è un nuovo di stile di vita esportabile ovunque, ma è una necessità dettata dalle condizioni estreme.