Le norme dell’Unione Europea e i sussidi nazionali che incoraggiano l’uso di biomassa legnosa (legna e pellet) per soddisfare gli obiettivi di energia rinnovabile stanno causando la distruzione e il degrado delle foreste europee. Lo conferma l’ultimo studio commissionato da Greenpeace Paesi Bassi, che analizza in particolare il caso dell’Estonia. Il Paese è il secondo esportatore europeo di pellet a uso energetico dopo la Lettonia. Tra i principali importatori di legno estone c’è anche l’Italia, insieme a Paesi Bassi, Belgio, Danimarca e Regno Unito.
Secondo il rapporto, Graanul Invest, il più grande produttore di pellet d’Europa, con sede in Estonia, è implicato nella distruzione di foreste ricche di biodiversità, al prosciugamento di torbiere e al taglio degli alberi lungo sponde fluviali, con conseguenze gravi anche sulla conservazione del suolo. Lo studio evidenzia come i criteri adottati dalla Ue non siano sufficienti per fermare la perdita di biodiversità dovuta alla deforestazione.
Tenendo conto della deforestazione e del degrado forestale, l’uso di biomassa prelevata direttamente dalle foreste e destinata alla produzione di calore ed energia su larga scala ha un impatto climatico spesso paragonabile a quello dei combustibili fossili.
Non possiamo combattere i cambiamenti climatici abbattendo alberi per bruciarli. Per raggiungere gli obiettivi sulle energie rinnovabili, l’Ue deve smettere di conteggiare anche la combustione di legno prelevato direttamente dalle foreste, indipendentemente dal fatto che provenga da alberi tagliati appositamente per essere bruciati o da scarti di altri processi.