Dopo l'ebola e la caduta dei prezzi delle materie prime, il Paese sta tornando a crescere, anche grazie all’agricoltura e all’implementazione di nuove infrastrutture. Al fine di aumentare la trasparenza e il rigore nei conti pubblici, il Governo sta collaborando con il Fondo monetario internazionale e la Banca mondiale, che hanno già riconosciuto i progressi compiuti.
Così, dopo gli shock provocati dalla crisi sanitaria di Ebola nel 2014 e la discesa dei prezzi delle materie prime, l'economia della Guinea ha avuto un tasso di crescita del 6,6 per cento del Pil nel 2016 e del 6,7 nel 2017. Il disavanzo di bilancio, salito all'8,1 per cento del Pil nel 2015, è rientrato all'1,4 nel 2016. Rimane problematico il livello del tasso di inflazione (8,2 per cento nel 2015), che potrebbe raggiungere la soglia dell'8,5 nel 2017, a causa del deprezzamento del franco guineano e dell'aumento dei prezzi interni.
Le attività agricole rappresentano solo il 9 per cento del Pil del Paese, ma occupano il 50 per cento della popolazione attiva. Per questo gli investimenti messi in campo nel settore dall’esecutivo sono più che mai utili, vista la storica preferenza per il settore minerario.
Le attività estrattive (principalmente oro e bauxite) rappresentano il 13,3 per cento del Pil, oltre l'80 per cento delle esportazioni e circa il 15 delle entrate statali nel 2016. Ma la Guinea ha deciso di mettere uno stop al settore. Dalle parole ai fatti. Oltre alla revisione dei principali contratti nell’ambito dell’estrazione mineraria, oggi la sfida principale consiste nel massimizzare gli spin-off per l'economia locale. La Guinea mira alla trasformazione strutturale della sua economia.