
Il terremoto avvenuto in Myanmar avvenuto oggi (28 marzo) alle ore 7.50 italiane - che ha avuto una magnitudo devastante (7.7), seguito a 12 minuti di distanza da una seconda scossa di 6.4, facendo temere una catastrofe - ha avuto una potenza 300 volte superiore a quella del sisma di Amatrice del 2016 e 8 volte superiore alla più alta mai registrata in Italia, che è quella di 7.1 dell’evento del 1908 a Messina.
“Non c’è rischio di tsunami poiché il sisma è avvenuto a circa 300 chilometri dalla costa - dice all’Ansa Salvatore Stramondo, dirigente di ricerca dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia - ma quando ci sono scosse di questa intensità in aree montuose c’è la possibilità che vengano attivate frane e che si verifichi la liquefazione del terreno, con possibile impatto sulle infrastrutture”.
La liquefazione è un fenomeno fisico naturale che può verificarsi in seguito a un terremoto: il terreno perde coesione e inizia a comportarsi come un fluido, in maniera simile alle sabbie mobili.
L’epicentro del sisma a Myanmar si trova a poche decine di chilometri da Mandalay, una città con circa 1 milione di abitanti. È una zona caratterizzata da sismicità molto elevata, lungo la catena montuosa dell’Himalaya: tra il 1930 e il 1956, si sono infatti verificati 6 terremoti di magnitudo superiore a 7.0.
“È un’area di scontro tra due grandi placche tettoniche, quella indiana e quella asiatica, che si muovono di circa 5 centimetri l’anno”, spiega il ricercatore dell’Ingv.