Netflix, il colosso californiano che distribuisce in streaming film e serie tv a pagamento, chiude il contenzioso con l’Agenzia delle Entrate versando 55 milioni e 850 mila euro per il periodo 2015-2019. L’inchiesta della procura e del Nucleo di polizia economico finanziaria della Guardia di finanza di Milano ipotizzava l’omessa dichiarazione dei redditi, ossia il mancato versamento di tasse in Italia.
L’indagine - si legge in una nota del procuratore di Milano Marcello Viola e del procuratore aggiunto Fabio De Pasquale – “ha condotto all’esatta ricostruzione dell’estensione dell’infrastruttura digitale con cui la multinazionale è stato in grado di diffondere il traffico video con elevati standard qualitativi”.
Proprio l’individuazione di oltre 350 server “utilizzati in via esclusiva e installati stabilmente sull’intero territorio nazionale presso Data Center e i principali operatori di telefonia è stata ritenuta significativa ai fini dello sviluppo del business dell’impresa estera sul territorio nazionale, poiché avrebbe garantito l’offerta di un servizio di streaming di qualità agli utenti finali, grazie alla prossimità dei server al mercato di riferimento”.
È questa la “stabile organizzazione materiale di un’azienda estera” in Italia che radica il profitto della multinazionale nel nostro territorio, e la rende quindi oggetto di tassazione da parte del Fisco italiano.
Quella della procura e del Nucleo di polizia economico finanziaria della Guardia di Finanza di Milano, insieme alla Direzione regionale lombarda dell'Agenzia delle Entrate, è “il primo caso a livello mondiale in cui viene ipotizzata l’esistenza di una stabile organizzazione occulta di una società estera operante nella digital economy, completamente priva di personale e caratterizzata esclusivamente da una struttura tecnologica avanzata”.
Il gruppo, nel frattempo, dal primo gennaio 2022 ha aperto una sede operativa in Italia.