Gli europei non possono dire di non essere consapevoli del problema. Nel 2006, 2009 e 2014 Mosca aveva già interrotto occasionalmente le forniture di gas, a causa delle controversie con il governo ucraino.
Nonostante ciò, i Ventisette hanno continuato a importare gas russo, economico e di qualità, che nel tempo ha anche consentito all’industria tedesca di essere più competitiva sui mercati. È stato necessario che la Russia (7mo paese al mondo per riserve di petrolio e primo per riserve di gas) invadesse l’Ucraina il 24 febbraio 2022 e, successivamente, chiudesse i rubinetti dei gasdotti Nord Stream e Yamal affinché le cose cambiassero.
A quel punto, il Vecchio Continente è riuscito a ridurre la propria dipendenza dal gas russo, pagando però molto cara la sua energia rispetto agli Stati Uniti o alla Cina e mettendo a rischio la battaglia per le tecnologie verdi.
In tale contesto, la notizia del primo bilancio in perdita in 24 anni per il colosso del gas russo Gazprom, controllato dal Cremlino, assume un connotato particolare per l’Europa. Il rosso è di 6,8 miliardi di dollari, a fronte di utili per 21 miliardi del 2022.
Pesa soprattutto il deciso calo dei prezzi del gas che nel 2022 era arrivato ad essere venduto ad oltre 300 euro al megawatt/ora per poi ritornare gradualmente su valori più “normali”, oggi è intorno ai 30 euro. Non è stato di aiuto al gruppo russo un inverno relativamente mite, ma ha inciso anche la riduzione dei flussi verso l’Europa in conseguenza delle sanzioni. Il gas, a differenza del petrolio trasportato per lo più via mare, è infatti più difficile da dirottare verso altri clienti, stante l’uso di gasdotti.