L'ingresso di Netflix nel paese indiano, nel gennaio 2016, si è rivelato ben oltre una semplice opportunità per il colosso americano della pay-Tv.
È vero che il costo mensile (da 500 a 800 rupie, l'equivalente di 7-12 dollari) è all'incirca doppio rispetto all'offerta media della Tv a pagamento, ma la rapida diffusione della rete internet ad alta velocità garantisce un servizio più economico e di più facile utilizzo rispetto alla Tv via cavo o via satellite. E gli indiani dotati di accesso ad una banda larga sono oggi più di 150 milioni, con una crescita che non ha eguali a livello mondiale.
Altrettanto vero è che la stragrande maggioranza dei titoli disponibili sulla piattaforma sono in inglese, ma i film più amati dal pubblico indiano sono quelli in lingua indi o tamil: ben 19 dei 20 con maggior incasso sono rappresentati da produzioni locali. Per accattivarsi il pubblico affezionato a Bollywood, Netflix sta commissionando format Tv e film originali più rapidamente di quanto abbia mai fatto in qualsiasi altro mercato, Stati uniti compresi.
Ma i dirigenti del gigante californiano accettano la sfida: “Abbiamo fatto in modo che gli americani si appassionassero ad uno spettacolo brasiliano o tedesco con numeri senza precedenti. Sono fiducioso che anche gli indiani saranno entusiasti di vedere grandi storie da tutti gli altri paesi”, afferma il vicepresidente di Netflix, Todd Yellin.
Con la Cina autoesclusa, chiusa ai servizi video occidentali, il paese indiano rappresenta, quindi, la più grande opportunità asiatica per Netflix. Non sorprende che l'amministratore delegato, Reed Hastings, nel silenzio di una conferenza stampa con l'elite imprenditoriale di New Delhi, prevedendo che i prossimi 100 milioni di clienti arriveranno proprio dal secondo paese più popolato al mondo, si lasci sfuggire un sorriso malizioso.