Google ha trasferito nel 2017 ricavi per 19,9 miliardi di euro da una controllata irlandese a una società olandese senza dipendenti e, quindi, alle Bermuda, evitando così di dover pagare mld in tasse.
La multinazionale, sussidiaria di Alphabet, ha spostato in quello che è di fatto un paradiso fiscale ben 4 miliardi in più rispetto al 2016. Le cifre provengono dai conti annuali della società olandese Google Netherlands Holding, depositati presso la Camera di commercio olandese alla fine del 2018.
“Paghiamo tutte le tasse dovute e rispettiamo le norme fiscali di tutti i Paesi in cui operiamo in tutto il mondo”, dichiara Google in un comunicato. Poi, il colosso ammette: “Google, come altre società multinazionali, paga la maggior parte delle imposte sul reddito nel suo Paese d’origine e abbiamo stabilito un’aliquota fiscale globale effettiva del 26% negli ultimi 10 anni”.
È proprio questo il problema: trasferire tutti gli utili maturati nell’Ue in un solo Stato membro, come ad esempio Irlanda o Lussemburgo, con i quali è stata fissata un’aliquota fiscale favorevole.
Per risolvere il nodo, la Commissione Europea ha provato invano a introdurre una nuova regolamentazione. Così alcuni Paesi, tra i quali Italia, Francia, Regno Unito e Austria, hanno deciso (o stanno valutando) di muoversi auonomamente.
Ma, piuttosto che aspettarsi dalle multinazionali comportamenti che non siano mirati all’elusione fiscale, non sarebbe più logico attendersi dai membri dell’Ue pratiche più corrette evitando di stringere accordi individuali con le multinazionali?