Occupazione stabile e disoccupazione in aumento in virtù della diminuzione degli inattivi, dovuta soprattutto a donne e Mezzogiorno. Si può sintetizzare così il primo trimestre 2018 fotografato dall'Istat.
Il mercato del lavoro sembra riflettere la dinamica della crescita. Il Pil segna +0,3% in termini congiunturali e +1,4% su base annua. Ma l’eurozona è cresciuta, rispettivamente, dello 0,4% e del 2,5%. In tal contesto non sorprende che l’occupazione sia rimasta stabile. Il che, però, non è una buona notizia per due motivi.
Come conferma l’evidenza empirica, che non ammette repliche: l’Italia è penultima nell'Ue per il livello di occupati con un tasso del 62,3% nel 2017. Soltanto la Grecia fa peggio con il 57,2%.
Inoltre, dietro la “calma apparente” del tasso di occupazione, c’è in realtà un dato preoccupante: la crescente precarizzazione del mercato del lavoro. Nel primo trimestre del 2018 sono cresciuti i dipendenti a termine (+69 mila, +2,4%), che sono stato in parte compensate dalla riduzione dei lavoratori a tempo indeterminato (-23 mila, -0,2%) e degli autonomi (-37 mila, -0,7%). Su base annuale l’incremento è stato pari a 147 mila occupati (+0,6% in un anno), derivante dal boom di quelli a termine (+385 mila) a fronte del calo delle altre due componenti (indeterminato e autonomi).
La voce di quoted
L’Italia ha un disperato bisogno di aumentare il tasso di occupazione, che insieme alla bassa produttività costituisce uno dei principali limiti strutturali del mercato del lavoro. Tuttavia, l'offerta di lavoro è su un trend stazionario come suggerisce il bollettino Istat, anche se in realtà è in atto un progressivo processo di precarizzazione. Aumentare gli occupati - specialmente nelle categorie giovani, donne e sud - è un obiettivo importante, ma il modo in cui raggiungerlo fa la differenza. La crescita dipende anche dalla qualità (tipologia del contratto, salario, ecc) dei lavori proposti.