Un cavallo di battaglia ‘ever green’: ridurre l’orario di lavoro a parità di salario. Ci hanno provato in molti con discutibili risultati. L’ultima in ordine di tempo è stata Microsoft, ma l’esperimento sembra sia fallito. Ma l’idea non è mai tramontata del tutto.
William Griffini, ad di una piccola società di head hunter, la Carter&Benson, è invece convinto che lavorare di meno è preferibile sotto tutti i punti di vista. Da gennaio 2020, ci sarà una riduzione di mezza giornata sull’orario di lavoro: si lavorerà 36 ore ma si verrà pagati per 40. Dall’anno dopo, cioè dal 2021, sarà introdotta la settimana di 4 giorni a parità di salario.
William Griffini sa che l’azienda non ne avrà un beneficio né dal lato della produttività, ma – spiega a ‘Repubblica’ - “i lavoratori potranno godere di un fattore che è essenziale alla persona e raro, il tempo appunto”. “Oggi il contratto di lavoro, anche quello dei laureati, cui non si chiede di costruire torni, è legato al tempo. Tante ore, tanto lavoro”.
“E forse - dice Griffini - è un po' vecchio. Ciò che interessa le aziende è semmai la qualità dei risultati che il singolo lavoratore riesce a raggiungere. Certo in questo modo aumenta la responsabilità e l’impegno che l’azienda richiede a ogni dipendente, ma è proprio ciò che serve per avere gente motivata. Io credo che più le persone vengano lasciate libere di poter gestire la loro vita, più si impegneranno nel portare risultati”.
Ma Carter&Benson ha 'soltanto' 25 dipendenti.