Il mese di luglio 2021 registra, rispetto al mese precedente, una diminuzione nel numero di occupati e di disoccupati, e una crescita in quello degli inattivi.
Il calo dell’occupazione (-0,1%, pari a -23 mila unità) riguarda solo gli autonomi e le classi d’età maggiori di 35 anni. Il tasso di occupazione risulta stabile al 58,4%.
La diminuzione del numero di persone in cerca di lavoro (-1,2% rispetto a giugno, pari a -29 mila unità) si concentra prevalentemente tra gli uomini e i giovani di 15-24 anni. Il tasso di disoccupazione scende al 9,3% (-0,1 punti) e tra i giovani al 27,7% (-1,6 punti).
Tra giugno e luglio cresce tuttavia il numero di inattivi tra i 15 e i 64 anni (+0,2%, pari a +28 mila unità); l’aumento coinvolge i soli uomini e tutte le classi d’età ad eccezione dei 25-34enni. Il tasso di inattività sale al 35,5% (+0,1 punti).
Confrontando il trimestre maggio-luglio 2021 con il precedente (febbraio-aprile), il livello dell’occupazione è più elevato dell’1,4%, con un aumento di 317 mila unità. La crescita dell’occupazione, nel confronto trimestrale, si associa alla diminuzione delle persone in cerca di occupazione (-5%, pari a -125mila unità) e a quella degli inattivi tra i 15 e i 64 anni (-1,8%, pari a -249 mila unità).
A seguito della ripresa dell’occupazione registrata tra febbraio e giugno, il numero di occupati a luglio 2021 è superiore a quello dello stesso mese del 2020 del 2% (+440 mila unità); variazioni ancora negative si registrano per gli indipendenti e per i lavoratori tra i 35 e i 49 anni. Tuttavia, il tasso di occupazione – in aumento di 1,4 punti percentuali – sale per tutte le classi di età.
Rispetto a luglio 2020, diminuisce sia il numero di persone in cerca di lavoro (-6,9%, pari a -173 mila unità), sia quello degli inattivi tra i 15 e i 64 anni (-3,5%, pari a -484mila), che era aumentato in misura eccezionale all’inizio dell’emergenza sanitaria.
Questi dati fotografano una dinamica del mercato del lavoro italiano in relativo miglioramento, rispetto al 2020. Ma la situazione complessiva resta decisamente negativa in relazione ai principali paesi competitors a livello europeo. E il rischio che neanche il Pnrr sarà in grado di incidere in modo rilevante sul tasso di occupazione.
Secondo la Commissione, l’impatto dei fondi del Next Generation Eu sulla crescita del Pil italiano dovrebbe essere del 2,5 per cento entro il 2026 (senza considerare l’effetto delle riforme strutturali), mentre per quanto riguarda l’occupazione, il Pnrr dovrebbe portare a un aumento di 240 mila posti di lavoro nei prossimi cinque anni. Su questo, però, non mancano i giudizi negativi: viene da chiedersi come mai, rispetto agli investimenti programmati, il nostro paese (a confronto con quelli comunitari) sia quello che creerà meno occupazione.