C’è un problema di quantità e di qualità: l’Italia continua a spendere poco e male per gli studenti, e la classe docente è sottopagata e con un’elevata età media. Il rapporto Ocse ‘Education at a glance 2023’ presentato al ministero dell’Istruzione e del merito, alla presenza del ministro Giuseppe Valditara, conferma i nodi storici della scuola del Bel Paese.
A cominciare dallo scarso investimento in istruzione. Nel 2020, infatti, i paesi Ocse hanno speso in media il 5,1 per cento del loro Pil per gli istituti di istruzione dal livello primario a quello terziario. In Italia la quota corrispondente era pari al 4,2 per cento del Pil.
C’è poi la questione salariale. Nella maggior parte dei paesi Ocse gli stipendi dei docenti negli istituti pubblici aumentano proporzionalmente al grado di istruzione in cui insegnano, nonché in funzione degli anni di esperienza. In media, gli stipendi tabellari annui degli insegnanti della scuola secondaria superiore (nei percorsi a indirizzo liceale) in possesso della qualifica più diffusa e con 15 anni di esperienza sono pari a 53.456 dollari in tutta l’area Ocse.
In Italia la retribuzione corrispondente adeguata in funzione del potere d’acquisto è di 44.235 dollari, pari a 32.588 euro. In pratica, stipendi più bassi che peraltro fanno fatica a crescere. Forse anche perché il corpo docente italiano è piuttosto numeroso.
Un altro fattore da segnalare è l’età media degli insegnanti, che nello Stivale è piuttosto elevata. In Italia, infatti, il 61 per cento dei docenti dei percorsi di istruzione secondaria superiore a indirizzo liceale ha un’età pari o superiore a 50 anni, rispetto alla media Ocse del 39 per cento.