Sono i lavoratori precari con meno di 25 anni ad essere stati colpiti in maniera “devastante e sproporzionata” dalle politiche di confinamento rese necessarie per bloccare la diffusione del virus Covid-19 in tutto il mondo.
Secondo l’Organizzazione mondiale del lavoro quelli che sono ancora occupati hanno subito una riduzione dell’orario di lavoro pari al 23%. Un taglio più che doppio rispetto a quello complessivo. Nei primi tre mesi della crisi sociale che esploderà nelle prossime settimane e si intensificherà a partire dall’autunno, i precari più giovani sono anche quelli che subiscono un tasso di disoccupazione più elevato.
L’Ilo parla di 178 milioni di ragazzi, più del 40% del totale. Tra coloro che studiano, e ha dovuto interrompere l’attività a causa dell’emergenza sanitaria, il 10% pensa che dovrà rinunciare. Dunque, non solo un’emergenza legata al reddito e al lavoro, ma anche rispetto ai percorsi di vita. Uno sconvolgimento esistenziale che aggredisce una generazione cresciuta nella crisi permanente. L’Ilo raccomanda di “incanalare i supporti previsti dai piani di rilancio, anche in Europa, in quei settori in grado di creare lavoro decente e produttivo” e prevede che i sistemi di test e tracciamento antivirus possono creare nuovi posti di lavoro per i giovani. Sarà questa la nuova frontiera tecnologica della precarietà e dello sfruttamento.