Lo spettro di lunghi anni di precariato e le scarse opportunità hanno favorito la diaspora dei ricercatori italiani all’estero. Per l’Ocse circa in 11 mila hanno abbandonato il Paese tra il 2002 e il 2015, con un’accelerazione dopo la crisi del 2011. E il trend non sembra diminuito negli anni successivi.
Nell’ambito del solo settore sanitario la Corte dei conti ricorda come in appena 8 anni oltre 9 mila medici formati in Italia abbiano preferito cercare lavoro all’estero.
Numeri che dovrebbero far riflettere. Il quadro dell’università e ricerca pubblica italiana, dopo aver fermato la continua riduzione di risorse finanziarie disponibili dal 2018, dovrebbe proporre un modello più ambizioso che sappia risolvere i problemi strutturali che attanagliano la ricerca pubblica, a cominciare dalla risorse scarse.
Un altro problema, faccia della stessa medaglia, è l’incapacità di attrarre ricercatori dall’estero. D’altronde un sistema scarsamente attrattivo per i ricercatori locali come potrebbe interessare agli studiosi provenienti dall’estero?