La Cina rivede al rialzo l’età per la pensione con un aumento progressivo, rivoluzionando un sistema che risale agli anni ‘50.
La riforma previdenziale ha avuto il via libera dal Comitato permanente del Congresso nazionale del popolo, il ramo legislativo del Parlamento, e prevede che l’età pensionabile per gli uomini sia portata da 60 a 63 anni nel corso di 15 anni a partire dal 2025, mentre quella per le donne con funzioni di quadro e le operaie, rispettivamente, da 55 a 58 e da 50 a 55 anni.
A partire dal 2030, inoltre, gli anni minimi di contributi pensionistici di base per i benefici mensili saranno in via progressiva aumentati da 15 a 20 anni al ritmo di un rialzo di sei mesi all’anno.
Al contempo, l’aspettativa di vita in Cina è salita a 78 anni registrati nel 2021 dai circa 44 anni del 1960, e con la previsione che possa superare gli 80 anni entro il 2050. È altrettanto vero che la popolazione cinese è diminuita per due anni consecutivi e si prevede che continuerà a scendere, accrescendo la pressione sulla spesa sociale.
C’è un altro elemento cruciale. Ogni pensione è al momento sostenuta dai contributi di cinque lavoratori. Il rapporto è la metà di dieci anni fa e tende verso il 4 a 1 nel 2030 e il 2 a 1 nel 2050.
Evoluzioni ben note nelle cosiddette economie avanzate ma che la Cina sta sperimentando con largo anticipo, prima del raggiungimento della “prosperità comune”, auspicata dal presidente Xi Jinping.