Via libera del Parlamento Europeo alla direttiva sul salario minimo. Non si tratta ancora del via libera definitivo al provvedimento: gli eurodeputati hanno approvato nei giorni scorsi con 443 voti a favore, 192 contro e 58 astensioni il mandato a negoziare con Commissione e Consiglio, per arrivare alla versione definitiva del provvedimento che poi dovrà essere nuovamente votato.
La proposta di direttiva su un salario minimo mira a stabilire dei requisiti di base per garantire un reddito che permetta un livello di vita dignitoso per i lavoratori e le loro famiglie. I deputati propongono due possibilità per raggiungere questo obbiettivo: un salario minimo legale (il livello salariale più basso consentito dalla legge) o la contrattazione collettiva fra i lavoratori e i loro datori di lavoro.
In merito a quest’ultimo punto, il Parlamento vuole rafforzare ed estendere la copertura della contrattazione collettiva obbligando i Paesi con meno dell’80% dei lavoratori coperti da tali accordi a prendere misure efficaci per promuovere questo strumento.
La voce di quoted
La direttiva dell’Ue è una delle fonti del diritto dell’Unione europea dotata di efficacia vincolante. È adottata congiuntamente dal Parlamento europeo e dal Consiglio europeo al fine dell’assolvimento degli scopi previsti dai Trattati, perseguendo un obiettivo di armonizzazione delle normative degli Stati Membri.
Il salario minimo è realtà in ben 21 dei 27 Stati dell’Unione europea. Fuori dal club, insieme al nostro Paese, ci sono soltanto Danimarca, Cipro, Austria, Finlandia e Svezia. Attenzione però a considerare il salario minimo come una realtà monolitica nel resto d’Europa, perché non è così.
Anzi, a ben vedere – come dimostra un recente rapporto di Eurostat – i livelli salariali garantiti sono tutt’altro che omogenei. La differenza fra il salario minimo registrato ai due estremi della classifica (Lussemburgo e Bulgaria) è pari 1.870 euro.