Un tedesco su cinque ha un "mini-jobs". Ovvero, un posto di lavoro precario e scarsamente retribuito: non più di 450 euro al mese. Secondo i dati dell’agenzia federale sull’occupazione, i lavoratori impiegati in tal modo sono aumentati di almeno 50 mila unità in un solo anno.
Sebbene la Germania evidenzi un bassissimo tasso di disoccupazione (3,4%), i sottoccupati stanno crescendo a un ritmo significativo. Alla fine di marzo 2018, circa 7,6 milioni dei 32,7 mln di posti di lavoro (per i quali è previsto il versamento dei contributi di sicurezza sociale) erano classificati come "occupazioni marginali". Ciò rappresenta un aumento del 35% rispetto a 15 anni fa. Occorre, poi, considerare che l'8,5% dei dipendenti a tempo pieno in Germania svolge anche un mini-lavoro. Si tratta di 2,8 milioni di persone, ovvero 1 milione in più rispetto a dieci anni fa.
Inoltre, un recente rapporto ha rivelato che la povertà minaccia il 20% della popolazione tedesca, dal momento che il costo della vita continua a salire senza essere tuttavia compensato da una crescita proporzionale dei salari.
Il quotidiano Rheinische Post ha provato a spiegare tutto ciò. Nonostante nel 2015 sia stato introdotto in Germania il salario minimo (pari a 8,84 euro l'ora ma dovrebbe salire a 9,35 nel 2020), i datori di lavoro continuano a sfruttare il fatto che le retribuzioni uguali o inferiori a 450 euro non sono tassate. Si tratta di un incentivo che avrebbe, pertanto, distorto il mercato del lavoro e indotto le imprese a sostituire i contratti di lavoro tradizionali con quelli previsti per i mini-jobs.
In tal modo è possibile ridurre i costi per le imprese ma sono, di fatto, sobbarcati dal governo tedesco.