Figlia di un operaio emigrato calabrese, la presidente del potente Consiglio di sorveglianza del Gruppo Volkswagen è l’italiana Daniela Cavallo. Il padre arrivò in Bassa Sassonia all’inizio degli anni ‘70 tra i Gastarbeiter (lavoratori ospiti), che emigrarono nella Germania ovest in seguito ad accordi governativi con Paesi come Italia, Turchia, Spagna, Grecia, Portogallo, Marocco e Tunisia per compensare la carenza di manodopera locale.
Due figli, in Volkswagen dal 1994, membro del Consiglio di fabbrica generale dal 2013, Cavallo è la prima donna a diventare capo dei Group Works Councils: viene descritta dai media tedeschi come una figura carismatica, dai toni pacati, ma decisi. La 46enne ha nei giorni scorsi attaccato l’amministratore delegato della casa tedesca Herbert Diess sulla svolta elettrica: “Non si rende conto della situazione. Gli obiettivi di produzione sono lontanissimi”.
Il Ceo del colosso con sede a Wolfburg, la città-fabbrica ribattezzata negli anni ‘60 “il più grande villaggio italiano a Nord delle Alpi”, aveva parlato di circa 30 mila esuberi (quasi un quarto di tutti i dipendenti tedeschi; a livello globale la forza lavoro del Gruppo conta 600 mila lavoratori), come conseguenza della svolta ‘green’ e, in particolare, della transizione dai motori endotermici alle propulsioni a batteria. Ciò che serve – secondo Cavallo – sono “più investimenti e non esuberi”.