Islanda, la settimana corta è un successo travolgente

Nell’isola ora si lavora di meno a parità di salario, la produttività è salita e il benessere dei lavoratori è migliorato

La settimana corta è un successo travolgente
Kirkjufell (Islanda)

Meno lavoro e più crescita economica con stipendi uguali. A qualcuno l’esperimento sembra essere riuscito.

In Islanda, l’isola scandinava che conta una popolazione di 400mila abitanti, tra il 2020 e il 2022, durante e dopo l’epidemia di Covid, il 51% dei lavoratori ha aderito a uno schema che prevedeva minori ore di lavoro, o alla settimana corta di 4 giorni, con stipendio invariato.

Che le cose non siano andate male è evidente dai tassi di crescita dell’economia: dopo il +5,3% del 2021 e il +9% del 2022 - evidentemente legati al rimbalzo dopo l’epidemia - il Pil è salito del 5% nel 2023.

Il 2024 dovrebbe registrare un più modesto 0,6%, ma il Fondo monetario internazionale già prevede un’accelerazione al 2,5% nel 2025, una velocità che potrebbe mantenere negli anni successivi.

Quindi, 2024 a parte, l’Islanda ha fatto e farà meglio dell’insieme delle economie avanzate, dell’Unione europea, e dell’Eurozona. Il tasso di disoccupazione, in crescita dal 3,4% al 3,8%, resta più basso di quello di molte economie ricche.

L’introduzione dell’orario ridotto è stato preceduto da due esperimenti, nel 2015 e nel 2019: circa 2.500 impiegati pubblici hanno ridotto l’orario settimanale da 40 a 35-36 ore.

Secondo un rapporto dell’Autonomy Institute di Londra e dell’islandese Association for Sustainability and Democracy (Alda), la produttività è cresciuta a un ritmo dell’1,5% in cinque anni, mentre il benessere dei lavoratori è migliorato.

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