Diciassette genitori della Repubblica democratica del Congo fanno causa ad Apple, Google, Dell, Microsoft e Tesla accusandole di essere complici nella morte e nella mutilazione di bambini costretti a estrarre cobalto nelle miniere in condizioni estremamente pericolose.
Ecco basterebbe questa notizia (emersa nel 2019 e ‘coperta’ dalla maggior parte dei media) per dimostrare che non possiamo non sapere. Ad esempio che nei nostri cellulari e nella auto elettriche, in generale in tutti i dispositivi elettronici che contengono batterie al litio, c’è quel cobalto macchiato di sangue dei bambini costretti ad estrarlo. Ovviamente il problema non è limitato al Congo e al cobalto. Ma quanto avviene nel paese africano è una sintesi efficace di ciò che accade anche in una parte del resto del mondo.
La causa era stata presentata a Washington dall’ong International Rights Advocates esponendo le richieste delle famiglie che chiedono danni e ulteriori indennizzi per una serie di reati quali lavoro forzato, ingiusto arricchimento, supervisione negligente, ecc.
La denuncia aveva carattere eccezionale anche per una seconda prima volta: fino ad allora non erano mai state coinvolte le società minerarie locali come Glencore, accusate di co-responsabilità e incoraggiate dalle compagnie tecnologiche a massimizzare i profitti calpestando i diritti umani.
Baby minatori che per due dollari al giorno lavorano fino a 14 ore al giorno in tunnel pericolanti, in condizioni disumane per estrarre quel cobalto indispensabile per tutti i dispositivi alimentati a batterie al litio.
Il 50% del cobalto mondiale viene estratto in Congo per conto di multinazionali, (tra le quali Apple, Sony, e Microsoft) che nonostante i richiami dell’Onu, ancora oggi, non controllano la propria filiera.