È l’ingresso del Brasile nell’Opec+ la vera sorpresa emersa dal vertice dei produttori di petrolio (avvenuto la scorsa settimana), che da gennaio allargherà quindi la partecipazione a 24 Paesi.
Quanto ai tagli dell’oro nero (per tenere alti i prezzi), si erano rincorse voci di un’intesa preliminare su una maxi stretta, da un milione di barili al giorno, ma nel comunicato stampa diffuso al termine della riunione non vi è alcun riferimento al riguardo. Così le quotazioni hanno invertito la rotta e il Brent, che aveva superato 84 dollari al barile, ha poi ripiegato sotto 83 dollari.
Il taglio di produzione addizionale alla fine ci sarà. Ma è stato annunciato solo da alcuni Paesi e limitatamente al primo trimestre 2024. Ci è voluto un secondo comunicato per riepilogarli, rimarcando che ammontano a “2,2 milioni di barili al giorno”, da parte di otto Paesi. Riad però non è riuscita ad ottenere dall’Opec+ il consenso unanime per tagli che avrebbe voluto non solo più incisivi ma anche ridistribuiti in modo più equo.
Al centro del vertice anche la querelle con i Paesi africani che vorrebbero estrarre più petrolio. Solo col tempo si capirà se una ricomposizione è ancora possibile e a quali condizioni. Di certo nella coalizione allargata dell’Opec+ gli equilibri sono comunque destinati a cambiare. L’ingresso del Brasile è davvero uno sviluppo importante.
Il Paese sudamericano vanta già adesso una produzione di greggio di 3,7 mbg, superiore a quella di qualsiasi altro membro del gruppo ad eccezione di Arabia Saudita, Russia e Iraq. E grazie a importanti investimenti (effettuati con diversi partner stranieri) l’output sta crescendo a ritmi repentini, in linea con l’obiettivo di arrivare a ben 5,4 mbg di capacità a fine decennio.
Il Brasile è una colonna dei Brics, “club” di Paesi emergenti di cui fa parte anche la Russia e in cui di recente hanno annunciato l’ingresso dal 2024 anche Arabia Saudita, Emirati Arabi e Iran. Guarda caso tutti membri dell’Opec+.