Una petroliera su cinque nel mondo è una nave fantasma, che trasporta carichi sottoposti a sanzioni internazionali occultando le proprie operazioni, con gravi rischi anche per l’ambiente, visto che quasi sempre si tratta di “vecchie carrette”.
A fare il punto sul fenomeno – che coinvolge flotte sempre più numerose, controllate soprattutto da Russia, Iran e Venezuela – è un’analisi di S&P Global, basata su dati raccolti attraverso Commodities at Sea e Maritime Intelligence Risk Suite.
I risultati evidenziano un sostanziale fallimento delle misure sanzionatorie adottate negli ultimi anni: ci sono in circolazione ben 889 navi cisterna clandestine, con una capacità complessiva di 111,6 milioni di tonnellate di stazza lorda (dwt), pari al 17% del totale nel mondo.
La maggior parte di queste navi (586, ossia il 66%) sono riconducibili alla Russia, che in buona parte le gestisce direttamente, attraverso la compagnia statale Sovcomflot (sottoposta a sanzioni internazionali) per esportare greggio e prodotti raffinati in violazione alle misure imposte dal G7 dopo l’invasione dell’Ucraina.
Ma le esportazioni petrolifere russe – oggi dirette soprattutto in Cina e in India – sono addirittura aumentate rispetto a prima della guerra in Ucraina: dall’inizio del 2022 c’è stato un incremento di circa il 5%, a 6,3 mbd tra greggio e prodotti derivati.
Anche Iran e Venezuela, da tempo oggetto di pesanti sanzioni, hanno dimostrato buone capacità di recupero: i due Paesi – scrive l’agenzia – hanno raggiunto una produzione combinata di 4,15 mbd a settembre, dai 3,2 mbd di febbraio 2022.