Petrolio, intesa Opec-Russia sui tagli alla produzione

La produzione diminuirà da gennaio e per sei mesi di 1,2 milioni di barili al giorno. Dopo l’annuncio, il prezzo del Brent è salito del 4,7%

Petrolio, intesa Opec-Russia sui tagli

Il prezzo del petrolio torna a salire. È la conseguenza della decisione presa dopo due giorni di negoziati dall’Opec Plus, composto dai Paesi produttori di greggio e alcuni non-Opec (Russia, Kazakistan e Messico). Il cartello, che rappresenta metà della produzione mondiale, ha raggiunto il 7 dicembre un accordo per il taglio della produzione. Da gennaio, e per sei mesi, sul mercato finiranno 1,2 milioni di barili di petrolio in meno al giorno, dei quali 800 mila dai Paesi Opec.

La svolta nelle trattative sarebbe arrivata grazie al venir meno dell'opposizione dell'Iran - non sarà coinvolto nella riduzione, in quanto già penalizzato dall'imposizione di sanzioni - e all'apertura della Russia, che non fa parte dell'Opec ma è il principale partner, a contribuire ai tagli, diminuendo il proprio output di 200 mila barili al giorno, una quantità superiore ai 150 mila ipotizzati in precedenza.

L’obiettivo è far risalire il prezzo del greggio, che negli ultimi due mesi è sceso dai quasi 90 dollari di ottobre di circa il 30%, a causa dell’aumento di produzione di “shale oil” (petrolio non convenzionale prodotto dai frammenti di rocce di scisto bituminoso) da parte degli Stati Uniti e delle sanzioni a Teheran.

Dopo l’annuncio il Brent (il petrolio del Mare del Nord di riferimento per il mercato europeo) è rimbalzato del 4,7% a 62,85 dollari al barile, mentre il Wti (il greggio statunitense) ha guadagnato il 4,1% arrivando a 53,60 dollari al barile. Il prossimo anno, secondo gli analisti, il prezzo del Brent potrebbe posizionarsi in una banda oscillante tra 60 e 65 dollari al barile.

Molto dipenderà dagli Stati Uniti e dall’Arabia Saudita. Il leader de facto dell’Opec diminuirà la produzione soltanto da 11.1 milioni di barili al giorno a 10.2. Riad e Washington stanno infatti continuando a immettere sul mercato quantità “eccessive” di greggio. Il petrolio Usa ora rappresenta più di un barile su 10 della produzione mondiale.

Anche un altro paese occupa un ruolo centrale. La conclusione di questo accordo conferma il nuovo peso assunto da Vladimir Putin. La fiducia dell’Opec nei confronti di paesi non membri come la Russia mette in evidenza l'influenza decrescente dell’Organizzazione con sede a Vienna nei mercati petroliferi. L'alleanza con Mosca era stata sancita nel 2016 proprio per competere con la crescente produzione di petrolio degli Stati Uniti. Secondo alcune stime, gli Stati Uniti quest'anno sono diventati il ​​primo produttore al mondo di greggio. Se così fosse Mosca e Riad scalerebbero, rispettivamente, alla seconda e terza posizione.

Intanto l’Arabia Saudita, alleata degli Stati Uniti, sta cercando di trovare un equilibrio tra l’obiettivo di far salire i prezzi dell'oro nero per finanziare le riforme interne e, soprattutto, la guerra contro lo Yemen, e le richieste del presidente degli Stati Uniti, che fa pressione sul principe Mohammed Ben Salman per tenere i prezzi bassi.

Gli occhi dei mercati saranno nei prossimi giorni puntati sui tweet di Trump.

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