Finalmente la quadra è stata trovata: l’Opec e i suoi alleati hanno raggiunto un accordo per aumentare la produzione di petrolio in un momento di impennata dei prezzi, e arrivando a un compromesso su come vengono calcolati gli obiettivi di produzione di alcuni dei suoi maggiori membri.
I membri del gruppo Opec+, tra cui Emirati Arabi Uniti, Arabia Saudita, Russia, Iraq e Kuwait, potranno tutti disporre di una base di produzione più alta. A questo punto, la corsa al rialzo dei prezzi del petrolio dovrebbe raffreddarsi dopo aver minacciato la ripresa dell’economia globale (che prova a rimbalzare dopo il duro colpo inferto dalla pandemia di Covid-19).
Così, dopo il tentativo fallito agli inizi di luglio, a partire da agosto l’Opec+ pomperà un extra di 400.000 barili al giorno ogni mese, ma restano i dubbi degli analisti sul fatto che la quantità di volume ripristinata sia effettivamente sufficiente a tenere nei prossimi mesi i prezzi sotto controllo, dato che la domanda dovrebbe continuare a crescere.
Al di là dell’intesa appena raggiunta restano in ogni caso sul tappeto due nodi: la persistente dipendenza strutturale delle economie mondiali dal petrolio e il potere debordante di un manipolo di multinazionali sulla scena mondiale con cui i governi non riescono (viste le loro dimensioni galattiche), e a volte preferiscono, non fare i conti. Ma a tutto c’è un limite, come ci ricordano tra gli altri il clima e l’aumento delle disuguaglianze (soprattutto in ambito domestico).