Geopolitica del petrolio. Biden sfida l’Opec. Ma il prezzo del greggio aumenta…

L’obiettivo degli Stati Uniti è contenere l’aumento dell’inflazione. Ma la mossa della prima economia al mondo potrebbe incrinare i rapporti tra Washington e Riad, che sono considerati una pietra angolare delle relazioni degli Stati Uniti in Medio Oriente.

Geopolitica del petrolio. Biden sfida l’Opec. Ma il prezzo del greggio sale

Gli Stati Uniti hanno annunciato che immetteranno nel mercato energetico 50 milioni di barili di petrolio provenienti dalle proprie riserve. Una mossa, in coordinamento con Cina, India, Corea del Sud, Giappone e Gran Bretagna, che ha l’obiettivo di influenzare il prezzo del greggio al ribasso. Ma non è chiaro se questa scelta avrà un effetto significativo e duraturo sul valore dell’oro nero, tanto che nel giorno dell’annuncio della Casa Bianca il prezzo anziché scendere è salito.

In ogni caso, l’immissione di 50 milioni di barili della US Strategic Petroleum Reserve dovrebbe avvenire in due modi. Un totale di 32 milioni di barili prenderà la forma di vendite “in prestito” alle società consumatrici, che dovranno restituire il greggio in un secondo momento. Altri 19 mln di barili verranno invece venduti a titolo definitivo, nell’arco di diversi mesi. I funzionari statunitensi hanno sottolineato che si tratta della prima volta che gli Stati Uniti hanno coordinato una tale politica con alcuni dei maggiori consumatori di petrolio del mondo.

La mossa arriva all’indomani del rifiuto dell’OPEC+, l’organizzazione allargata (che include la Russia) dei principali Paesi esportatori di petrolio, di immettere una quantità maggiore di greggio nel mercato, per diminuire il prezzo. Il gruppo aveva respinto la proposta, a fronte dei timori riguardanti un nuovo aumento su scala globale delle infezioni da nuovi coronavirus e una conseguente diminuzione della domanda di petrolio, che rischia di determinare a sua volta un calo dei prezzi.

La decisione degli Stati Uniti se da un lato non è certo innescherà una contrazione dell’inflazione, dall’altro apre la strada a nuove tensioni nella cosiddetta “geopolitica del petrolio”. Sullo scacchiere internazionale, la mossa della prima economia al mondo potrebbe in particolare incrinare i rapporti tra Washington e Riad, che sono considerati una pietra angolare delle relazioni degli Stati Uniti in Medio Oriente.

Allo stesso tempo, per l’occasione, Washington e Pechino hanno messo da parte la loro rivalità: la Cina è uno dei grandi consumatori di petrolio ad aderire a questa iniziativa, proprio come India, Giappone, Corea del Sud o ancora Regno Unito. Siamo di fronte ad una sorta di “alleanza informale” da parte dei Paesi consumatori e degli Stati Uniti, in risposta al “cartello” dei principali Paesi esportatori di petrolio.

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