Con il suo strumento preferito, il tweet, il presidente degli Stati Uniti ha criticato l'Opec, che ha ridotto la produzione di petrolio per farne aumentare il prezzo. Trump dice che ciò “non va bene” e comunque “non sarebbe accettato”.
I mercati hanno subito vibrato. In seguito al tweet, i principali prezzi di riferimento del greggio, Brent e West Texas Intermediate (Wti), sono diminuiti dell’1%.
L’aumento della produzione globale, in particolare a partire dal 2010, è stata tale da far scendere il prezzo del barile a 30 dollari nei primi mesi del 2016. In risposta, a dicembre dello stesso anno, i 14 stati membri Opec e alcuni paesi esterni all'organizzazione, come la Russia, avevano accettato di frenare la produzione di petrolio nella speranza di aumentare i prezzi.
I controlli sull’offerta hanno funzionato e il prezzo del greggio si è ripreso, fino a toccare giovedì 19 aprile il prezzo massimo registrato, 75 dollari al barile, da novembre 2014.
L’attacco di Trump ai produttori di petrolio segue il tentativo di riaffermare il potere statunitense nel commercio globale. La sua amministrazione ha imposto tariffe alle importazioni di acciaio e alluminio, ha chiesto modifiche all'Accordo di libero scambio nordamericano (Nafta) e ritirato gli Stati Uniti dall’intesa sul partenariato transpacifico. Tutto annunciato, ovviamente, via Twitter.