Il governo canadese ha comprato l'oleodotto Trans Mountain per 4,5 miliardi di dollari: con questa mossa il premier liberale, Justin Trudeau, si è preso un grosso rischio, investendo in un sistema per trasportare il petrolio dall'Alberta - una provincia del Canada occidentale sul versante est delle Montagne Rocciose - verso l’Oceano Pacifico. Anche perché l’obiettivo del governo, come ha chiarito il ministro delle Finanze, Bill Morneau, era di sollecitare i privati a farsi avanti per rilevarlo: cosa che potrebbe avvenire prima di agosto.
I rischi riguardano le proteste di piazza, soprattutto in vista delle prossime elezioni. La maggioranza dei canadesi è favorevole al progetto, ma non vuole che il governo ci metta soldi pubblici. Dal punto di vista finanziario, però, l’acquisto è stato un buon affare: non mina le finanze di Ottawa, fa cassa e può essere rivenduto facilmente. Il rischio è tutto politico per Trudeau.
La crisi dell’oleodotto si era prodotta l’8 aprile scorso, quando la società che ne promuove l’espansione, la Kinder Morgan, aveva annunciato che si sarebbe ritirata se il governo della British Columbia (BC) non avesse abbandonato le sue obiezioni al progetto. La contesa tra Alberta e BC avrebbe potuto mettere in discussione la fiducia degli investitori, preoccupati anche per il mancato sbocco al mare della struttura.
La portata del grande patto su energia e ambiente portato avanti dal premier rischia di essere ora ridimensionata: c’è chi lo accusa di aver “investito sul passato”, cioè sui combustibili fossili. Ora tutto dipende da come evolverà la situazione. Se il governo riuscirà ad avviare l’espansione dell’oleodotto entro l’estate per, poi, venderlo rapidamente agli investitori privati, le cose si potrebbero mettere bene per l’esecutivo canadese. Un’opportunità e, allo stesso tempo, un rischio.