L'Europa riduce l'emissione di gas serra. Ma la Spagna all'incontrario va

L'Unione ha raggiunto con tre anni di anticipo gli obbiettivi di taglio dei gas che surriscaldano il pianeta. La Spagna arranca a causa del mancato rinnovo del mix energetico e del boom dell'auto, che rende Madrid una delle capitali più inquinate

L'Europa riduce l'emissione di gas serra. Ma la Spagna all'incontrario va

Ma allora è vero che l'Europa è l'area del pianeta che maggiori progressi ha fatto in termini di miglioramento della qualità dell'aria, o meglio dell'atmosfera. Ce lo conferma l'Agenzia Europea per l'Ambiente (European Environment Agency - EEA) secondo cui, nel 2017 si è segnato, sì, un leggero incremento nella produzione complessiva di gas-serra, +0,7% sul 2016, dovuto a un contributo netto maggiore da parte dell'industria e dei trasporti rispetto ai progressi negli altri comparti, ma il taglio operato dall'Unione nelle tre decadi precedenti è stato ingente.

L'ultimo rapporto sui gas ad effetto serra pubblicato a fine maggio 2019 dalla EEA certifica che dal 1990 al 2017 si è avuto una sforbiciata delle emissioni nocive del 21,7%, ottenendo il superamento, con tre anni di anticipo, degli obbiettivi fissati per il 2020, del -20%. Il raggiungimento anticipato dei traguardi è stato ottenuto, pur con diversa modulazione da Stato a Stato, seguendo una dinamica comune: un potente intervento sul mix energetico. In particolare, ai fini della produzione d'energia tutti i 28 hanno apportato un robusto, assai robusto, taglio all'utilizzo dei combustibili fossili più inquinanti, cioè carbone e petrolio, a favore di un aumento del gas naturale, il meno nocivo dei tre carburanti. E poi, naturalmente, un'impennata del ricorso alle fonti rinnovabili.

Il fronte energetico dunque ha dato il contributo più pesante ai fini di una riduzione dell'anidride carbonica immessa nell'aria. Ma il mix energetico è diventato più “verde” non solo grazie ai due protagonisti sui piatti della bilancia, e cioè il carbone (molto meno), e le fonti rinnovabili (molte di più). C'è stato un terzo elemento. Un elemento scarsamente ricordato nei report sull'allarme per il surriscaldamento: la mitezza degli inverni, che ha fatto girare la manopola dei riscaldamenti degli oltre 200 milioni di famiglie europee molto lontana dalla tacchetta massima. E' questo è un effetto un po' paradossale dell'effetto serra: per combattere il riscaldamento globale occorre ridurre i riscaldamenti casalinghi, ridotti per vie naturali proprio dal surriscaldamento planetario.

In spagnolo “surriscaldamento” si dice sobrecalentamiento. Una parola che in Spagna ha un effetto più preoccupante che altrove. Un po' a sorpresa la Spagna, che in termini di pil galoppa con lo splendido +2,6% con cui ha chiuso il 2018, è il paese più in difficoltà in termini di controllo dell'inquinamento. Anzi si potrebbe dire che non lo controlla affatto e forse la sua crescita economica è stata pagata proprio con un salato prezzo ambientale. Nei 27 anni presi in esame dalla EEA, a fronte del citato forte calo dei valori europei, il paese iberico è andato in nettissima controtendenza, aumentando e non di poco le proprie emissioni: +17,9%, pari a 51 milioni di tonnellate di CO2 in più. La causa è stata individuata nella forte espansione del parco veicolare spagnolo e in un ancora lento decollo delle fonti energetiche pulite. La Spagna che fa da traino all'Eurozona con la sua crescita record, diventa invece una zavorra anti-ecologica per tutta l'Unione. 

Questo articolo è stato precedentemente pubblicato su LA STAMPA

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