L’Ue avanza verso il sesto pacchetto di sanzioni contro Mosca e nel nuovo round di misure ci sarà anche l’embargo ‘light’ al petrolio russo. “C’è la volontà politica di smettere di acquistare il petrolio dalla Russia e già nei prossimi giorni prenderemo una decisione su un ritiro graduale”, ha spiegato un funzionario europeo all’Agi. La Commissione europea deve mettere sul tavolo una proposta di embargo “con un periodo di transizione fino alla fine dell’anno”, ha indicato da parte sua un diplomatico europeo.
Ma ci sono almeno due difficoltà. Due Paesi senza sbocco sul mare, Ungheria e Slovacchia, dipendono totalmente dagli oleodotti russi. C’è poi un altro timore (fondato). Le decisioni europee potrebbero causare un’impennata globale dei prezzi del petrolio, fatto che preoccupa anche la prima economia al mondo. “Dobbiamo stare attenti con un divieto europeo globale sulle importazioni di petrolio”, ha avvertito nelle scorse settimane il segretario al Tesoro statunitense, Janet Yellen.
Un tetto al prezzo auspicato dagli Stati Uniti è una “misura intelligente” perché evita la speculazione e il petrolio resta redditizio. La volontà europea di diversificare le proprie forniture e un calendario da sei a otto mesi per cessare gli acquisti di greggio e prodotti petroliferi russi sono tutti annunci volti a evitare un boom dei mercati.
Oggi la Russia esporta due terzi del proprio petrolio nell’Ue: lo scorso anno Mosca ha fornito il 30% del greggio e il 15% dei prodotti petroliferi acquistati dall’Ue. Tradotto in valori assoluti, 80 miliardi di dollari a fronte dei 20 del gas. Ma sostituire l’oro nero è meno difficoltoso rispetto a quello blu. A rischiare di più sono i principali importatori di combustibili fossili dalla Russia (gas, petrolio greggio, prodotti petroliferi e carbone), ovvero Germania, Italia, Paesi Bassi e Francia.