Le schermaglie tra Regno Unito e Russia non dovrebbero far preoccupare più di tanto i britannici, almeno per quanto riguarda l’energia: solo l'1% della domanda totale d’Oltremanica viene soddisfatta da gas russo. Al momento dalla fabbrica siberiana Yamal di gas naturale liquefatto (Gnl) sono partite solo tre spedizioni nel 2018 verso il Regno Unito. Il principale fornitore di gas per i sudditi di Sua Maestà Britannica resta la Norvegia (con il 40% del fabbisogno, grazie a un gasdotto meno costoso e più facile da gestire rispetto al Gnl).
Il tema di un possibile “spegnimento della luce” a causa del blocco del gas ha fatto perdere di vista la reale necessità di ridurre i consumi di combustibili fossili e sostenere il “Green New Deal” che è stato accantonato: portare le famiglie a basso reddito alla classe B di certificazione energetica entro il 2025 e tutte le altre case entro il 2035 avrebbe consentito di tagliare le importazioni di gas di un quarto. E generato 100 mila posti di lavoro, tagliando la bolletta energetica nazionale di 8,6 miliardi di sterline con un’importante riduzione delle emissioni di carbonio.
Senza un adeguato sistema di sovvenzioni per le rinnovabili il Regno Unito vive nel paradosso che – pur essendo in calo la domanda interna di gas, grazie all’efficientamento energetico – lo scioglimento dei ghiacci artici causato dal surriscaldamento globale rende più navigabili le rotte per trasportare quei combustibili fossili responsabili di tutto questo e meno competitive le fonti di energia pulita. Per questo è necessario ridurre la domanda di gas: il prima possibile, per il bene di tutti.