Il Giappone ha ottenuto il via libera dall’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea) per il piano di scarico in mare delle acque della centrale nucleare di Fukushima. Un progetto che, secondo l’Agenzia delle Nazioni Unite, è in “linea con gli standard di sicurezza internazionale”.
O meglio, nel rapporto presentato il 4 luglio, durante la visita in Giappone del direttore generale dell’Aiea, Rafael Grossi, viene sottolineato che “gli scarichi delle acque trattate avrebbero un trascurabile impatto radiologico sulla popolazione e sull’ambiente”.
La task force di esperti provenienti da 11 Paesi che per quasi due anni ha lavorato alla questione - dopo la decisione presa dal governo giapponese nell’aprile 2021 di far confluire nell’oceano le acque radioattive della centrale - ha compiuto cinque missioni in Giappone, dove ha incontrato oltre ai membri del governo anche i dirigenti del gruppo Tepco (Tokyo Electric Power Company) operatore della centrale colpita dalla triplice catastrofe del sisma, dello tsunami e dell’incidente nucleare del marzo 2011.
Il via libera dell’Onu ha scatenato la reazione della Cina. Pechino, che accusa l’Aiea di non avere “valutato l’efficacia a lungo termine delle apparecchiature di depurazione del Giappone e non ha confermato l’autenticità e l’accuratezza dei dati sulle acque inquinate dal nucleare”.
Le conclusioni dell’Aiea – dal punto di vista del governo cinese – “sono relativamente limitate e unilaterali”. Inoltre, la seconda economia al mondo accusa la terza di avere ignorato le preoccupazioni internazionali riguardanti lo scarico delle acque della centrale di Fukushima e di usare l’oceano “come una fogna”.